Lettera a San Francesco da Paola di Fra Giovanni Tucci

A cura di Fra Giovanni Tucci dell’Ordine dei Minimi

Ciao Francesco, mi hanno detto che sono passati seicento anni da quando, in una fredda notte di marzo, sei venuto al mondo in una piccola casa di Paola.

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Si racconta che alla tua nascita una vampa di fuoco cominciò ad ardere sul tetto della tua casa e la gente, svegliata dal crepitìo delle fiamme, rimase a lungo a guardare quel tetto che ardeva senza mai consumarsi. Immagino la gioia dei tuoi genitori nell’abbracciare finalmente il tuo fragile corpicino dopo un’attesa durata troppo a lungo: le tue lacrime si mescolavano al calore dei loro baci e persino il vento iniziò a cullare dolcemente i rami degli alberi per farti addormentare. Il fiume Isca cominciò a suonare una strana melodia e le onde del mare trasportarono, da una terra all’altra, il racconto di quella notte così insolita. Poi sei cresciuto Francesco, hai conosciuto gioie e difficoltà, hai trascorso un anno della tua vita nella solitudine del chiostro di San Marco Argentano, per adempiere al voto fatto da Giacomo e Vienna al Poverello di Assisi, successivamente hai compiuto con loro un lungo pellegrinaggio, ma la tua ricerca ti ha riportato a Paola, in un terreno poco distante dal paese, dove nel segreto di una grotta, pensavi di aver trovato finalmente la tua strada. Ma il Signore sconvolse presto il tuo progetto iniziale, per cui un bel giorno il tuo cammino solitario incrociò quello di altri giovani, desiderosi anch’essi di condividere la tua stessa esperienza di vita e la tua solitudine cominciò a riempirsi di quelle persone che venivano da te per avere una parola di conforto o la grazia di una guarigione.
La tua grotta divenne così il mondo dei poveri e degli oppressi e quando la rabbia si mescolava ad un senso di umana impotenza, ti abbandonavi con fiducia a quel Dio che non rifiuta nulla al cuore che ama, lasciandoti alle spalle le tue sicurezze per raggiungere le periferie del mondo: così i tuoi occhi incrociarono quelli dei poveri di Paterno, di Spezzano e di Corigliano, ma il vento dello Spirito era così forte che attraversasti perfino il mare col tuo mantello per arrivare in Sicilia!
E quando pensavi di avere ormai compiuto la tua missione, ecco che in obbedienza al Papa raggiungesti pure la Francia, per aiutare quel re che non si rassegnava ancora a morire!
Da allora non vedesti più la tua Calabria e quando scendeva la sera, al chiarore della luna, i tuoi occhi si riempivano di lacrime al pensiero della tua terra così lontana e nel silenzio del giardino del palazzo reale di Tours, ti sembrava ancora di sentire i suoni e le filastrocche del tuo paese, il fragore del mare in tempesta, la dolce cantilena dei boschi, il profumo dei fiori e l’odore del grano e il tuo cuore si riempiva di una struggente malinconia. Nei riflessi di quella pallida luna, vedevi scorrere il lungo racconto della tua vita. In fondo avevi cercato di amare tutti: i poveri e i ricchi, i sovrani e i grandi uomini di Chiesa.
Il tuo era stato un amore coraggioso, fermo e leale. “Guai a chi regge e mal regge” ma guai pure a chi dimentica che “Dio aspetta tutti a braccia aperte!”.
Forse in quelle lunghe notti ti rammaricavi di non aver fatto abbastanza per te stesso e per gli altri, ed è proprio in quei momenti che ti sentivi il più miserabile dei peccatori!
Si, perché l’amore non conosce limiti, oltrepassa le barriere del tempo e dello spazio, è un debito inestinguibile da pagare agli altri, ed è forse per questo che ancora oggi, dal Cielo, continui ad amare questo mondo fatto di sacrifici e di speranze, di contraddizioni e di sogni.
E la gente, riconoscente, sa di trovare in te un amico, un confidente, una presenza sempre viva e costante.
E tu continui ad ascoltare pazientemente le storie di chi ha perso un figlio, di chi non ha un lavoro, di chi vive la sofferenza di una malattia, di chi è vittima di ingiustizie e vorrebbe farla finita, di chi invece viene semplicemente a ringraziarti perché nella vita ha finalmente intravisto un barlume di speranza. Si Francesco, la tua è una bella storia che dura da seicento anni, da quando ti affacciasti alla vita in una fredda notte di marzo e il vento per farti addormentare, cominciò a sussurrare una dolce ninnananna…

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