Arcidiocesi di Rossano-Cariati

V TAPPA: ITINERARIO DELLE SACRE RELIQUIE
DI SAN FRANCESCO DA PAOLA


 

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San Francesco da Paola giunge all’interno dell’Arcidiocesi di Rossano–Cariati con prima tappa a Terranova da Sibari. La tradizione storica afferma che Terranova possa essere stata fondata (tra il VI e VII secolo d.C.) dai profughi della Citta’ panellenica di Thurium (a sua volta originata, per volere di Pericle, dagli abitanti della distrutta Sibari), piegata dai Longobardi e dalla malaria. Non si sa con certezza se il primo insediamento sia sorto sullo stesso luogo del preesistente abitato o su un sito piu’ sicuro. E’ probabile che il borgo abbia iniziato a prendere fisionomia in periodo bizantino per assumere carattere di stabilita’ soltanto dopo il mille, epoca in cui venne edificato il castello che chiudeva il sistema difensivo garantito anche dalla cintura muraria. La cittadina assunse la denominazione Terranova da Sibari dopo l’unita’ d’Italia.
Le Sacre Reliquie entrano all’interno del Convento di Sant’Antonio da Padova accompagnate dal Sindaco della Citta’, dalle Autorita’ e attese sul sacrato del suggestivo e antico convento da S. E. l’Arcivescovo Mons. Santo Marciano’. Il Convento sorge in posizione panoramica su un bel piazzale con pavimentazione in pietra e mattoncini rossi e si lascia ammirare all’interno di un imponente complesso rinascimentale. Il Convento a pianta quadrangolare con chiostro centrale e’ stato fondato nel 1542 dai padri francescani minori osservanti. La Chiesa annessa che porta con se i segni di uno spettacolare rimaneggiamento barocco, ha un portale rettangolare con colonnine ai lati che reggono un timpano spezzato. Vale la pena di includere la Cittadina di Terranova da Sibari nel vostro itinerare turistico e culturale anche per non perdere l’opportunita’ di vedere il settecentesco altare marmoreo del XVII secolo e la pala settecentesca in stile rococo’ dipinta con la tecnica olio su tela ove sono raffigurati San’Antonio da Padova e intorno i suoi miracoli. La Fondazione “Paolo di Tarso” vi propone alcune suggestive immagini e visite virtuali che testimoniano il grande pregio delle opere citate. Ancora oggi, tra l’altro, proprio innanzi al complesso, e’ possibile ammirare uno dei sette secolari alberi di ulivo provenienti dalla valle del Getsemani.
La Chiesa di San Francesco di Paola al momento del nostro rilievo risultava in rifacimento ma, cio’ nonostante, vi proponiamo alcune suggestive immagini con lo scopo di rendere viva l’opportunita’ di visitarla, una volta giunti nella Citta’. La Chiesa fu costruita su volere del Principe di Tarsi Carlo Maria Francesco Spinelli e risale agli inizi del XVIII secolo. La Chiesa custodisce un quadro olio su tela dei cinque santissimi Franceschi (soggetto rarissimo) di Salvatore Ferrari, del 1722.
E’ proprio in questo territorio che sorge la Capitale Bizantina ove si venera l’icona di Maria SS. Achiropita che intendiamo proporre come centro del vostro Itinerario.
ITINERARIO STORICO
La diocesi di Rossano, sorta tra l’VIII-IX secolo, divenne sede metropolitana sul finire del sec. XI ad opera dei Normanni. La promozione comporto’ una nuova Cattedrale piu’ ampia e dignitosa rispetto all’antica, per cui si scelse come nuovo sito un luogo già noto e praticato dalla pieta’ popolare per la presenza di un antico oratorio eremitico frequentato dal monaco Efrem (sec. VI) nella zona di Rossano detta “Acqua Molle”. Qui la Theotokos, la Madre di Dio, era venerata col titolo di Achiropita (dipinta non da mano). I recenti lavori di ristrutturazione hanno portato alla luce dentro l’area presbiterale i resti di questo edificio sacro, oggi occupati dall’altare maggiore ed in parte dal coro ligneo. Ai primi del sec. XII la nuova Cattedrale risulta gia’ funzionante e nel 1193 riceve la visita del re Tancredi, che per devozione lascio’ 3 once d’oro per una lampada perpetua da far ardere davanti all’icona dell’Achiropita, che ne era divenuta il cuore ed il centro di attrazione.
Costruita in 3 navate (la quarta, quella delle “Cappelle”, venne aggiunta nel sec. XVII) e con una struttura più contenuta, ricevette l’assetto architettonico attuale ad opera dell’arcivescovo Giacomo, che, con il contributo del re di Napoli Roberto d’Angio’, intorno al 1330 provvide ad allungarla dalla parte dell’abside e probabilmente anche dalla parte della facciata.
L’arcivescovo Gregorio (1348-63) completo’ i lavori del coro e l’arricchi’ del Campanile e del Fonte battesimale.
Successivamente, nel corso dei secoli, molti altri elementi andarono ad aggiungersi, per cui lo stile oggi risulta composito e complessivamente ben combinato.
Nella prima meta’ del sec. XV l’arcivescovo Sergentino Roda la revisiono’ radicalmente nella struttura con l’impegno di grosse somme di denaro. Il passaggio poi dal rito greco al rito latino intorno al 1460-62 comporto’ l’abbattimento delle iconostasi davanti all’altare e quindi una ulteriore ristrutturazione generale degli spazi adattati alla liturgia occidentale. Nel 1580 inoltre Mons. De Lancellottis vi apporto’ rilevanti rifacimenti che portarono ad una nuova consacrazione del sacro tempio. In tutto questo daffare di lavori proprio in questo periodo il bel pavimento in mosaico, recentemente venuto alla luce, sara’ stato sacrificato per ottenere nell’area presbiterale fosse tombali per le sepolture dei vescovi e dei sacerdoti.
Il secolo XVII lascia la sua impronta nel tetto ligneo della navata centrale di Mons. Sanseverino (1592-1612), nell’Organo a canne iniziato da Mons. Ercole Vaccaro (1619-24) e soprattutto nella navata delle Cappelle devozionali (la quarta) dovuta all’arcivescovo Iacomo Carafa (1647-53).
Importanti lavori sull’impianto architettonico si devono ai primi del Settecento all’arcivescovo Andrea Adeodati (balaustre intorno agli altari, tetto a cassettoni lignei delle navate laterali, la cappella di S. Benedetto col nuovo Fonte battesimale, ecc.) e a Mons. Stanislao Poliastri (il monumentale pulpito marmoreo datato 1752).
Dei primi del Novecento sono il rivestimento delle colonne in marmi policromi e gli altari della navata lato Porta Piccola a cura di Mons. Orazio Mazzella, che provvide anche al restauro del cassettonato della navata principale.
Gli arcivescovi successivi – G. Scotti, D. Marsiglia, G. Rizzo, A. Cantisani, S. Sprovieri, A. Cassone – ognuno per la sua parte, hanno lasciato in Cattedrale i segni della loro presenza e della cura pastorale.
Il 26 maggio 1949, con decreto dell’arcivescovo Giovanni Rizzo, la Cattedrale e’ stata dichiarata Santuario Diocesano
ITINERARIO ARTISTICO
ALL’INTERNO : L’Altare dell’Achiropita.
Posto al centro della navata principale, vi si venera l’antica Icona bizantina dell’Achiropita risalente all’VIII secolo. A Lei Rossano e’ particolarmente legata da plurimillenaria devozione. Secondo la tradizione l’affresco non sarebbe opera di un uomo, ma opera stessa della Madre di Dio, da cui appunto il nome Achiropita (non fatta da mano).
Recenti saggi ed interventi di pulitura non solo hanno messo in maggiore evidenza alcuni particolari prima sfuggenti ed incrostati di polvere, ma hanno fatto affiorare segni di un piu’ antico affresco bizantino, che rimanderebbe al monaco Efrem, padre e promotore del culto alla Madre di Dio a Rossano fin dal sec. VI. Il rivestimento in pietra di Cipro della colonna con il sacro affresco si deve a Mons. De Lagni sul finire del sec. XV, mentre l’altare in marmi policromi col bel paliotto intarsiato, gli angeli e la balaustra sono dell’Arcivescovo Adeodati ai primi del sec. XVIII.
Anticamente difesa da 7 vetri, oggi l’immagine è completamente libera ed appare nel suo vero splendore.
L’Altare Maggiore.
Ha subito nel tempo diversi cambiamenti. Vi si sono alternati nel tempo l’attuale altare della Cappella laterale di S. Nilo col bellissimo Ciborio in marmi intarsiati di Mons. Adeodati (sec. XVIII) e quello della cappella del Santissimo di Mons. Cilento (sec. XIX).
L’altare attuale e’ di recente fattura, ricavato con la felice combinazione di elementi marmorei antichi e nuovi. L’area presbiterale, circoscritta lateralmente dalla balaustra settecentesca, nei lavori di ristrutturazione del 1993-94 e’ stata abbassata di quasi un metro per evidenziare le parti residue dell’antico pavimento a mosaico dei secoli XI-XII, caratterizzato dalle simbologie animali tipicamente normanne. In occasione del Giubileo del 2000 è stata arricchita dal grazioso ambone.
La Decorazione Absidale.
Risale alla seconda meta’ dell’Ottocento, opera di Michele Capobianco. I motivi ritraggono in 6 pannelli il racconto popolare dell’origine del culto dell’Achiropita, mentre sulla volta figurano l’Assunzione e l’Incoronazione della Vergine, i santi rossanesi Nilo e Bartolomeo. La vetrata dei S.S. Pietro e Paolo, della ditta Merlini, si deve all’arcivescovo Rizzo ai primi degli anni sessanta.
Il Coro Ligneo Canonicale.
E’ opera dell’arcivescovo Cilento, il cui stemma e’ apposto sul trono episcopale centrale. La gradinata lignea si e’ resa necessaria dopo l’abbassamento dell’area presbiterale. Ai piedi dell’altare vi e’ apposto lo stemma dell’arcivescovo Andrea Cassone, a cui si devono i recenti lavori di ristrutturazione.
I Soffitti Lignei Dorati.
Sono di epoca diversa. Il tetto ligneo a cassettoni dorati della navata principale con il bassorilievo centrale dell’Assunta risale alla fine del sec. XVI ed e’ opera dell’arcivescovo Sanseverino: si fa apprezzare per la finezza delle linee geometriche perfettamente sintonizzate con le decorazioni della navata.
I tetti delle navate laterali, da poco restaurati, si devono a Mons. Adeodati, che vi ha apposto, in bassorilievo, da un lato il suo stemma e dall’altro l’effige di S. Benedetto.
L’organo A Canne.
Il nucleo originario e’ del 1622, dono dell’arcivescovo Ercole Vaccaro, mentre successivamente Mons. Carafa vi aggiunse il somiere e Mons. Spinola indoro’ l’orchestra (sec. XVII). E’ il più antico che si conserva in citta’ ed ha la peculiarita’ di avere solo 4 ottave con pedale e registri reali e meccanici. E’ arricchito dagli effetti della cornamusa e dell’uccelliera.
La Decorazione Delle Navate.
Sono del primo Novecento e si devono al maestro Pasquale Capobianco. Nella navata centrale sulla fascia superiore in pannelli rettangolari sono riprodotti i 12 Apostoli in piedi, raccolti intorno all’immagine dell’Achiropita ripresa a mezzo busto e posta in verticale sull’omonimo altare. Nella fascia mediana, invece, nell’archivolta si susseguono i tondi di 12 santi orientali e latini. Nelle navate laterali dominano motivi floreali e geometrici posti ad abbellimento e coronamento delle figure di angeli e dei tondi istoriati con i temi dei titoli mariani.
Le Tele.
Molte e significative dal punto di vista artistico le tele disseminate per gli altari e le cappelle. Di varia scuola ed epoca meritano una qualche attenzione dei visitatori.
ALL’ESTERNO si segnalano: La Facciata.
E’ stata completamente rifatta dopo il terremoto del 1836 ad opera degli arcivescovi Tedeschi e Cilento, come e’ ricordato dalla lapide sul Portale. Questo e’ dominato dalla statua dell’Assunta tra due bassorilievi di angeli. Piu’ in alto, sul frontone, la scritta “Per Te Virgo Maria Achiropita Civitas Decoratur” (Per tuo merito, Vergine Maria Achiropita, la citta’ e’ nobilitata) sta a celebrare il grande amore che lega la Citta’ di Rossano alla sua Achiropita.
La facciata e’ coronata, sulla sommita’, dal bassorilievo raffigurante Maria tra gli Apostoli. Il tutto e’ incorniciato tra 4 statue riproducenti i due santi rossanesi S. Nilo e S. Bartolomeo (zona mediana) e nella parte superiore due devoti inginocchiati che guardano verso il bassorilievo mariano.
Il Campanile.
Anch’esso ricostruito dopo il terremoto del 1836. Risale al sec. XIV ad opera dell’arcivescovo Gregorio. Vi e’ raffigurato un gigantesco S. Cristoforo, opera di Michele Capobianco.
La Porta Piccola.
Anticamente era la porta principale di ingresso. E’ stata ristrutturata in perfetto stile tardo gotico dall’arcivescovo Domenico De Lagonessa (1452- 58), il cui stemma domina l’ogiva. Nel tondo superiore e’ raffigurata a mezzo busto l’Achiropita. La decorazione e’ ormai fatiscente ed irriconoscibile.

Fonte: Sito della Diocesi di Rossano – Cariati a cura di S.E. Mons. Luigi Renzo e Fondazione “Paolo di Tarso”